martedì 15 luglio 2008

Colore e Cultura


Aeropranzo futurista
di Chiavari


Il Comm. Tapparelli organizzò mirabilmente a Chiavari, il 22 Novembre 1931, una giornata futurista, in cui s'inaugurò una Mostra d'Arte Futurista, si tenne il Circuito di Poesia (vinto dal poeta triestino Sanzin) ed una conferenza di F. T. Marinetti sul « Futurismo mondiale ». Inoltre, più di 300 persone parteciparono al grande aeropranzo tenuto nell'Hótel Negrino: vi erano le maggiori autorità della Città e della Provincia.
Lunghi articoli furono dedicati all'avvenimento, su tutti i giornali liguri, sul Corriere della Sera e su molti altri quotidiani italiani. Diamo qui i punti essenziali dello scherzoso scritto di un redattore del Corriere Mercantile:
« Il pezzo forte della giornata — pezzo forte almeno per il cronista avido di divagazioni e desideroso di spunti per le cosiddette pa-rentesi di colore — fu indubbiamente il « Primo Aeropranzo futurista », una specie di orgia carneplastica che si svolse nei saloni dell'Hotel Negrino e che pose ad una dura prova lo stomaco di ben trecento invitati.
Ogni vivanda, scrupolosamente venne eseguita dal celebre cuoco Bulgheroni appositamente venuto in quel di Chiavari da Milano per sfondare con i suoi intingoli, la massiccia porta chiusa dei ravioli e della pastiasciutta.
Dei datteri a sorpresa
Il pranzo, tra la più viva aspettazione dei presenti, molti dei quali si sentivano nelle cavità gastriche un certo tremito che non era del tutto imputabile all'appetito ma ad un certo ragionevole timore, si iniziò con un Timballo d'avviamento: una specie di antipasto forse troppo poetico per essere apprezzato a dovere dallo stomaco che, come ognun sa, è un grezzo materialista. Era composto, questo timballo, di testina di vitello natante, misera e sconcertata, in mezzo ad una profluvie di ananas si, di noci e di datteri: i quali datteri si rivelarono, all'assaggio dei denti, gravidi di una sorpresa quasi ci-clopica: erano essi infatti accuratamente infarciti di acciughe sicchè da questa innocente testina, da questi ananassi e con questi frutti africani complicati di pesce, sbocciò una specie di budino che lasciò ogni esofago ingorgato dalla ammirazione.
Le rose nel brodo
Si proseguì, quindi, alla garibaldina con un Decollapalato; nome che designava un brodo di natura assai bizzarra, composto in parti quasi uguali di sugo di carne, di champagne e di liquori: sopra questa miscela, che per gli iniziati deve avere straordinarie virtù appetitive, natavano, vaghi e fragili, larghi petali di rose. Messi innanzi ad un tale capolavoro di lirica brodistica, i convitati coraggiosa-mente tentarono l'esperimento della deglutizione; ma più d'uno con evidente viltà, rinunciò a condurlo a termine e solo si contentò di trarre dalla scodella una foglia di rose, di asciugarla col tovagliolo e di riporsela nel portafogli a ricordo del pranzo e a testimonianza d'un banchetto da narrare, più tardi, ai nepoti.
Fu la terza portata del « Bue in carlinga » ovverosia delle miste-riosissime polpette sulla cui composizione indagare non è bello e in-dagare non giova, adagiate sopra aeroplani di mollica di pane. Belli i velivoli, meno belle le polpette. In ogni modo questo piatto fu tra i più apprezzati come quello che offrì a molti degli ospiti il destro di sfamarsi almeno con del pane che mai come allora apparve un cibo prezioso e divino.
Elettricità atmosferiche candite
Ed ecco apparire i camerieri con grandi vassoi recanti il « servovolatine di prateria » consistente in un impasto discretamente diabolico dove fette di barbabietola e fette di arancio facevano comunella insieme alleate da olio ed aceto e pizzichi di sale. Molti dei pran-zanti avevano già, a questo punto, il loro apparato digerente in con-dizioni non del tutto normali, cosicchè non si possono rimproverare se non seppero reprimere un istintivo gesto di terrore allorchè ap-parve la guantiera sorreggente la « cibarie conclusiva ». Cibarie che si gloriava d'un nome oltremodo dinamico: « Elettricità atmosferiche candite ». Queste care ed indimenticabili « elettricità » avevano la forma di coloritissime saponette di finto marmo, contenenti nel loro interno una pasta dolciastra formata con ingredienti che solo sa-rebbe possibile precisare con una paziente analisi chimica. Dob-biamo dire, per scrupolo di cronisti, che solo una minima parte dei banchettanti osò recare queste saponette alla bocca: di coloro che osarono non si conoscono sventuratamente i nomi. Diciamo sventu-ratamente perchè un simile manipolo di eroi meriterebbe di vedersi, per lo meno, eternato in una lapide di bronzo.
Si giunse, così all'Ammaraggio digestivo: ammaraggio che non tutti pervennero a compiere dato che molti già erano sprofondati al momento del decollaggio. E s'alzò a parlare Marinetti che, con una eloquenza mirabile che gli scaturiva spontanea quasi che egli non avesse toccato cibo, si scagliò in una accesa requisitoria contro l'infamia della pastasciutta e l'obbrobrio dei ravioli, esaltando, al confronto, i cibi futuristi e in modo particolare i datteri anfibi di cui all'inizio del banchetto s'era potuto gustare un inobliabile saggio.
Sedutosi Marinetti, balzò in piedi il poeta Farfa, che declamò con impeto aviatorio un inno quasi pindarico intitolato « Tuberie » ».

aerobanchetto
futurista di bologna
I pittori futuristi Caviglioni e Alberti organizzarono a Bologna, al Circolo dei Giornalisti, una importante Mostra di Aeropittura che fu inaugurata da F. T. Marinetti il 12 Dicembre 1931. In seguito gli stessi pittori, tra l'attesa più viva, imbandirono nella Casa del Fascio un grande Aerobanchetto (il cui prezzo era di lire 20 per persona), che viene così narrato sul Resto del Carlino:
« Il successo di curiosità dell'Aerobanchetto è stato pienissimo, e il salone della Casa del Fascio, prescelto per lo specialissimo cimento culinario, ha raccolto ieri sera alle 21,30 (anche l'orario era leggermente fuori consuetudine!) molte persone, fra cui si notavano personalità e autorità, pittori, giornalisti, signore e semplici buongu-stai. E fra le autorità c'erano il Preside della Provincia comm. Tur-chi e il Rettore magnifico dell'Università prof. Ghigi, il quale è venuto così a sanzionare con il sacro bollo dello Studio, il sedizioso movimento in odio alla pastasciutta.
Come in aeroplano
L'Aerobanchetto ha giustificato il proprio nome attraverso la mes-sinscena allestita dagli organizzatori. Le tavole erano state disposte con inclinazioni ed angoli, dando l'impressione di un velivolo. Qua le ali — ma smilze e anguste come in un idro dell'alta velocità — qua la fusoliera, là in fondo la coda. (Disabitata, come suole acca-dere anche nei velivoli autentici). Fra le ali una grande elica — ferma, per nostra fortuna! —, più indietro due cilindri da motoci-cletta, promossi per l'occasione al rango di motore aviatorio.
Al posto delle solite tovaglie troviamo dei fogli di carta argentata, che nella fantasia dei promotori vorrebbero essere dell'alluminio, e una lastra di latta lucente funge da sottopiatto, entro cui le signore controllano — oh' il delizioso specchio di fortuna! — il loro com-promesso maquillage.
Il sintetismo della tavola è evidente. Pochissima la roba visibile. I bicchieri sono i soliti, i piatti e le posate idem idem; ma i fiori man-cano del tutto e vengono rimpiazzati da... patate crude, colorite all'ingrosso e artisticamente intagliate; e peggio per chi non sa distinguere fra la roba che serve al piacere dello stomaco e quella desti-nata alla gioia degli occhi. Altra trovata autentica: il pane. Niente
rosette comuni, o bastoni di foggia francese, o kipfel viennesi, ma panini appositamente modellati, che riproducono la forma di un monoplano o di un'elica; e bisogna confessare che la forma si presta egregiamente a una cottura perfetta della pasta e alla sua biscottatura.
Ultima constatazione: i camerieri portano un colletto di celluloide color azzurro, mentre il pittore Alberti, direttore della mensa, esibisce un pomposo e sgargiantissimo gilet deperiano dai mille colori.
Il risotto all'arancio...
L'Aerobanchetto viene inaugurato in modo lievemente passatista: con l'antipasto. Il quale si noma « aeroporto piccante », ma non ci sembra niente di più di un'insalata russa alten-styl, con l'aggiunta di una fetta d'arancio sposata a una fettina d'uovo sodo e a un'o-liva. E l'arancio è spalmato di burro colorato in rosa...
Prima peraltro che i pareri sul piatto inaugurativo vengano diffusi, il piatto numero due si inoltra maestosamente fra gli « oh » dei presenti.
Il menu parla di « rombi d'ascesa »; ma S. Eccellenza Marinetti ribattezza la portata così: risotto all'arancio, dove il riso è sempre quello..• di una volta, ma il sugo — ah, il sugo! — è a base di arancio. E di fettine di arancio fritto si indorano le biaceosità della pietanza.
Il risotto all'arancio, siamo sinceri, provoca qualche inquietudine nei ranghi.
... e i rumori "nutrienti"
Temiamo l'avvento di qualche complicazione, ma improvvisamente la sala s'immerge in una diafana luce azzurra e un motore prende a scoppiettare nella sala accanto. Il pittore Alberti annuncia gravemente — ma perchè quel signore sorride? — che il velivolo naviga a ottomila metri di altezza e Marinetti conferma autorevolmente spie-gando:
— Osservate come il rumore dei motori favorisca e nutra lo stomaco... È una specie di massaggio dell'appetito...
Finalmente si ridiscende dalla « stratosfera » culinaria, e la folla non trova di meglio che mettersi a picchiare furiosamente sopra i piatti di latta, promossi così al ruolo di « intonarumori ».
— Vogliamo il carburante nazionale.
E il carburante nazionale (vulgo vino dei nostri colli) avanza
trionfalmente, versato da alcune latte di olio extradenso. È il vino in bidoni. Il vino in... latte; e nell'attesa del piatto di centro, i com-mensali si apprestano a rosicchiare le ali degli aeroplani panificati.
Ma anche il piatto di centro — ovverossia il « Carneplastico con fusoliera di vitello » — arriva. Ed è un indiscutibile successo. La pietanza, a dire il vero, è futurista soltanto nelle sfumature. Trat-tasi infatti di una scaloppa di vitello, alleata a un esile salsicciotto; e il contorno comprende due cipolline e due marroni fritti. Ma dopo gli esperimenti a base di arancio, i due marroni affiancati a un salsicciotto non producono più nessuna impressione!
Peccato che la carne — dopo il solito giro di presentazione intorno alle tavole — giunga quasi fredda. E non vale che S. E. Marinetti ne aumenti il... gelo, affermando che a ottomila metri di quota i cibi non possono mantenersi bollenti...
Poco dopo il capo del futurismo rivolge la propria offensiva con-tro il pacifico dottor Magli, rappresentante degli Achei, apostrofan-dolo perchè ha osato fiutare la carne prima di assaggiarla.
— Ciò — esclama — è passatista. Ciò non è prode...
E il Magli di rimbalzo:
— Giustissimo... Avrei dovuto accostarla all'orecchio, per sentire se nitriva. — E un'omerica risata accoglie la battuta.
L'Aerobanchetto prosegue così fra una portata e una boutade, fra un bicchiere di carburante nazionale e un nostalgico accenno, ma sottovoce, ai tortellini asciutti. S. E. Marinetti, invece, non ha nessuna nostalgia. (Ci vorrebbe altro). Egli è entusiasta del simposio e domanda anzi che i cuochi si presentino al suo cospetto per applaudirli. Ma gli interpellati tardano a venire, e Marinetti ripete la inti-mazione. — Vengano i cuochi. — E allora una voce stentorea si leva dal fondo della sala, proclamando:
— Non vengono perchè hanno paura di noi!
Ma si tratta di una evidente calunnia, perchè, subito dopo, due cordons bleus della Casa del Fascio fanno il loro ingresso, accolti dai battimani di Marinetti e seguaci. Ma i due cuochi sono incerti. Temono di essere presi in giro e par che dicano in loro muta fa-vella:
— Signori miei perdonateci, ma noi non ne abbiamo proprio colpa...
Abbasso la "cucina-museo"
Cominciato con l'antipasto, il banchetto si è chiuso con dei discorsi. Infatti, si è levata a parlare la medaglia d'oro Onida, quindi il dottor Magli ha espresso i sentimenti dei « tagliatellisti », mentre un anonimo inviava un telegramma in cui si diceva testualmente: « Abbasso la pastasciutta, va bene, ma le tagliatelle sono un altro paio di maniche! ».
Infine si è levato S. E. Marinetti per dichiarare che la sua elo-quenza era letteralmente tappata dalla succulenza varia e deliziosa delle aeropietanze delibate, alcune delle quali — ha soggiunto — sono trovate importantissime, come ad esempio il riso condito coll'arancio. Ha quindi tessuto l'elogio della cucina futurista, di fronte alla quale la pastasciutta è definitivamente in ritirata.
Le tagliatelle — dice — sono ormai l'ultima trincea dei passatisti; la trincea della pasta all'ovo. La cucina futurista è la realizzazione del generale desiderio di rinnovare la nostra alimentazione, è la lotta contro il peso, il pancismo, la obesità. Noi vogliamo mantenere la nostra antica vitalità goliardica, anche se gli anni ci segnino con le loro piogge e le loro nebbie. Il nostro sforzo tende a militarizzare tutte le nostre giovani forze. Vogliamo pertanto che la cucina italiana non resti un museo. Affermiamo che la genialità italiana è capace di inventare altri tremila piatti, altrettanto buoni, ma più aderenti alla mutata sensibilità e ai mutati bisogni della generazione contemporanea.
Con un nuovo scoppiettante saluto ai collaboratori bolognesi, S. E. Marinetti ha concluso il suo discorso e l'Aerobanchetto ha avuto termine, mentre i commensali si portavano via per ricordo il sottopiatto di latta, su cui il capo dei futuristi è stato costretto a segnare la pro-pria firma, con la punta di una forchetta che fungeva da bulino ».
pranzo eroico invernale
Dei combattenti che debbono alle 3 del pomeriggio di Gennaio montare in autocarro per entrare in linea di fuoco alle 4, o salire in volo per bombardare città o contrattaccare stormi nemici, cercherebbero invano una preparazione perfetta nel bacio doloroso di una madre, di una sposa, dei figli o in lettere appassionate.
Una passeggiata sognante è ugualmente inadatta. Inadatta la let-tura di un libro ameno.
Si mettano invece questi combattenti a tavola, dove verrà servito un « pesce coloniale al rullo di tamburo » e della « carne cruda squarciata dal suono di tromba ».
PESCE COLONIALE AL RULLO DI TAMBURO: cefalo bollito infuso per 24 ore in una salsa di latte, rosolio, capperi e pepe rosso. Al momento di servirlo sarà aperto e imbottito di conserva di datteri intersecata da dischetti di banana e fette di ananas. Verrà mangiato al rullo continuato di un tamburo.
CARNE CRUDA SQUARCIATA DAL SUONO DI TROMBA: ta-gliare un perfetto cubo di carne bovina. Spillonarlo di correnti elet-triche, tenerlo 24 ore infuso in una miscela di rhum, cognac e ver-muth bianco. Estrattolo dalla miscela, servirlo su un letto di pepe rosso, pepe nero e neve. Masticare accuratamente per un minuto ogni boccone, dividendoli uno dall'altro da irruenti note di tromba soffiate dallo stesso mangiatore.
Al momento del Peralzarsi vengono serviti ai combattenti (lei piatti di cachi maturi, melagrane e aranci rossi. Mentre questi scom-paiono nelle bocche, saranno sparsi nella sala, con spruzzatori, dei soavissimi profumi di rosa, gelsomino, caprifoglio e gaggia, la cui dolcezza nostalgica e decadente sarà brutalmente rifiutata dai com-battenti che si porranno con fulmineità la maschera contro i gas asfissianti.
Al momento di partire ingurgiteranno lo Scoppioingola, duroliquido costituito da una pallottola di formaggio parmigiano macerato nel marsala.

Formula dell'aeropoeta futurista

MARINETTI

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