giovedì 10 luglio 2008

Da Take Off

Da Volare piloti “Take off “di Rizzardo Trebbi
Tecniche di pilotaggio
L'aria calda al carburatore

Nei normali carburatori a galleggiante, del tipo di quelli che equipaggiano ancora la maggior parte dei monomotori e un buon numero di bimotori dell'aviazione generale, durante il funzionamento si verificano sempre due fenomeni fisici che inducono un raffreddamento dell'aria che li attraversa. Quando il raffreddamento è sufficiente a portare la temperatura dell'aria contemporaneamente sotto al punto di rugiada e sotto allo zero termico, l'umidità contenuta nell'aria condensa e ghiaccia, e aderisce alle pareti del carburatore e della valvola a farfalla (fig. 1).


Se il fenomeno si protrae nel tempo, l'accumulo di ghiaccio restringe vieppiù la sezione del condotto di aspirazione. II motore comincia così a perdere progressivamente potenza, finché, quando ai cilindri non arriva più miscela in quantità sufficiente, si ferma.
Vediamo quali sono i due fenomeni che si verificano all'interno del carburatore durante il suo funzionamento. Nel punto in cui avviene la carburazione (cioè la miscelazione a livello molecolare dell'aria con la benzina), la sezione del condotto di aspirazione si restringe e forma quella parte del carburatore che è conosciuta come tubo di Venturi. II restringimento del tubo di Venturi ha lo scopo di far accelerare l'aria aspirata dai pistoni e, quindi, di farne diminuire la pressione (per il principio di Bernoulli). La minor pressione dell'aria serve per aspirare la benzina dalla vaschetta e per favorirne l'evaporazione, necessaria affinché la benzina e l'aria si mescolino uniformemente. La depressione che si forma nel tubo di Venturi, fra le altre cose, costringe l'aria a espandersi: l'espansione dell'aria, così come quella di ogni altro gas, provoca un raffreddamento adiabatico, che è tanto maggiore quanto maggiore è la diminuzione della pressione. Contemporaneamente all'espansione dell'aria, avviene l'evaporazione della benzina: così come per qualunque altra sostanza, anche l'evaporazione della benzina sottrae all'ambiente nel quale avviene una grande quantità di calore, noto come calore latente di vaporizzazione.
II raffreddamento provocato dall'insieme dei due fenomeni può far scendere la temperatura all'interno del carburatore anche di oltre 30° centigradi rispetto alla temperatura dell'aria ester­na.
Fra i vari regimi ai quali può funzionare un motore, quello più pericoloso ai fini delle formazioni di ghiaccio al carburatore è il funziona­mento al minimo, o comun­que alle basse potenze. Ciò è dovuto al fatto che, quanta meno potenza eroga il moto­re, tanto più chiusa deve es­sere la valvola a farfalla nel carburatore, e quindi, tanto più stretta diventa la luce at­traverso la quale è costretta a passare l'aria diretta verso i cilindri. Trovandosi a dover attraversare una sezione più piccola, l'aria è costretta ad accelerare maggiormente, per cui la sua pressione di­minuisce ancora: l'espan­sione conseguente fa au­mentare il raffreddamento e quindi le probabilità di for­mazioni di ghiaccio.
La formazione del ghiaccio
Con ciò abbiamo stabilito che in un carburatore si veri­fica sempre e comunque una diminuzione di tempera­tura. i fattori esterni, che concorrono a creare le con­dizioni necessarie perché nel carburatore si possa for­mare ghiaccio, sono la tem­peratura, il punto di rugiada e l'umidità relativa dell'aria esterna.
II grafico di figura 2 per­mette di conoscere le possi­bili combinazioni di tali fat­tori, che concorrono a rendere maggiori o minori le probabilità di formazioni di ghiaccio al carburatore, ai diversi regimi di funziona­mento del motore. Si noti che le gravi condizioni di ghiaccio in planata si posso­no incontrare anche quando la temperatura dell'aria esterna è superiore a 90°F (+32°C), e quando l'umidità relativa è anche solo del 40 per cento.
Ora che abbiamo visto co­me si generano le formazio­ni di ghiaccio al carburatore, vediamo come è possibile combatterle quando si è ai comandi di un aereo equi­paggiato con un motore a carburatore. (I motori a inie­zione possono essere consi­derati praticamente immuni dal pericolo, dato che la ben­zina viene iniettata diretta­mente a monte delle valvole di aspirazione.)
Come sappiamo, i co­struttori muniscono tutti gli aerei con motore a carbura­tore di un comando posto in cabina che immette aria cal­da nel carburatore e previe­ne o elimina le eventuali formazioni di ghiaccio. Come mostra la figura 3,

azionan­do il comando dell'aria cal­da, si cambia la posizione di un'apposita valvola, che va così a chiudere il norma­le condotto di accesso dell'aria esterna e ne apre un altro attraverso il quale passa l'aria che è stata preventivamente riscaldata in uno scambiatore di calore montato sui condotti di sca­rico del motore.
Gli effetti collaterali che l'invio dell'aria calda al car­buratore ha sul motore sono una diminuzione della po­tenza e un arricchimento della miscela, entrambi do­vuti al fatto che l'aria calda è meno densa di quella fred­da.
Prima di passare ad ana­lizzare come e quando usare il comando dell'aria calda al carburatore, è bene richia­mare alcune raccomanda­zioni date ai piloti dalla casa costruttrice di motori Avco­Lycoming, tramite la sua pubblicazione tecnica Flyer (la Avco‑Lycoming spartisce con la Continental il mono­polio mondiale dei motori aeronautici a pistoni).
• Azionando a fondo il comando dell'aria calda al carburatore, il motore perde circa il 15% della potenza e la miscela si arricchisce. II ripristino della potenza può essere ottenuto con un au­mento di 2 pollici della pres­sione di alimentazione, o di 100 giri del motore. Appli­cando l'aria calda in crocie­ra, è sempre bene rifare la correzione della miscela.
• L'uso dell'aria calda al carburatore, quando il moto­re eroga i175 per cento o me­no della potenza massima, può essere prolungato inde‑
finitamente senza danno per il motore.
• L'aria calda al carbura­tore non va mai usata quan­do la temperatura esterna è al di sotto dei ‑30°C. A tali temperature, l'umidità del­l'aria è infatti già allo stato solido e l'uso dell'aria calda potrebbe favorirne lo scio­glimento e, quindi, il succes­sivo ricongelamento all'in­terno del carburatore.
• Poiché nelle scuole di volo vengono impiegati sva­riati tipi di aeromobili equi­paggiati con diversi motori, sarebbe utile e auspicabile standardizzare l'istruzione dell'uso dell'aria calda al carburatore durante la fase di avvicinamento e di atter­raggio con tutti gli aerei che impiegano motoria carbura­tore a galleggiante. La Avco­-Lycoming non ha perciò al­cuna obiezione alla più am­pia diffusione di tale stan­dardizzazione.
L'uso dell'aria calda
Passiamo quindi a consi­derare l'uso dell'aria calda al carburatore nelle varie fa­si del volo.
1. Crociera lenta e avvici­namento per l'atterraggio. Poiché non è sempre facile determinare se le condizioni sono o meno favorevoli al­le formazioni di ghiaccio; poiché il motore non soffre applicando l'aria calda an­che per periodi prolungati; poiché durante l'avvicina­mento la perdita di potenza causata dall'uso dell'aria calda al carburatore non ha alcuna rilevanza: prima di ri­durre la manetta per esegui­re il rallentamento alla velo­cità di avvicinamento, tirare sempre a fondo il comando dell'aria calda al carburato­re, qualunque sia la stagio­ne dell'anno. Dato che non ci sono controindicazioni, è infatti certamente preferibi­le dare l'aria calda anche quando non ce ne sarebbe bisogno, piuttosto che cor­rere il rischio di non darla quando serve. Qualora si preveda di rimanere a lungo in volo alla velocità di avvici­namento, come a esempio durante le attese, è conve­niente smagrire la miscela, ricordando però di riarric­chirla prima dell'atterrag­gio, in vista di una possibile riattaccata.
2. Crociera normale. Du­rante la crociera normale in condizioni di volo VMC, le probabilità di fare ghiaccio al carburatore sono general­mente poche; esse aumen­tano invece notevolmente quando si vola in condizioni IMC, specialmente in nube o in presenza di precipitazio­ni, allorché l'umidità relativa dell'aria è più alta. Anche in crociera, il concetto infor­matore circa l'uso dell'aria calda al carburatore è fon­damentalmente lo stesso: è meglio prevenire le forma­zioni di ghiaccio che non do­verle eliminare, col rischio di rimanere senza motore.
Quando si ritiene pruden­te immettere aria calda nel carburatore, a meno che a bordo non si disponga del termometro della tempera‑. tura dell'aria nel carburato­re, il comando dell'aria cal­da va tirato a fondo. Un ri­scaldamento dell'aria par­ziale e di intensità sconosciuta potrebbe infatti favo­rire lo scioglimento degli aghi di ghiaccio, presenti nell'atmosfera quando la temperatura esterna è sotto zero, ma contemporanea­mente non consentire di al­zare la temperatura nel car­buratore al valore che per­mette di prevenire le forma­zioni di ghiaccio.
È consigliato l'uso continuo

Quando si vola in nube o sotto la pioggia, è sempre prudente lasciare in conti­nuazione l'aria calda al car­buratore e seguire i consigli dei costruttori di motori: ri­pristinare la potenza e cor­reggere la miscela. Quando invece si vola in condizioni VMC, ma si ha il dubbio che si possa fare giaccio al car­buratore, è consigliabile ti­rare il comando dell'aria cal­da per una decina di secondi a intervalli di alcuni minuti e osservare il comportamento del contagiri e% del mano­metro della MAP. Se, con l'aria calda tirata, si nota il tradizionale calo di potenza, significa che nel carburato­re non c'è ghiaccio; se, inve­ce, dopo un iniziale calo del­la potenza, si nota che i giri o la MAP aumentano, vuol dire che nel carburatore si è formato del ghiaccio: in que­sto caso l'aria calda va la­sciata in continuazione, op­pure l'operazione va esegui­ta con maggiore frequenza.
A volte può succedere che, tirando l'aria calda al carburatore, il motore co­minci a funzionare irregolar­mente o a perdere colpi. Ciò è in genere dovuto al ghiac­cio formatosi nel carburato­re, che, ingerito dal moto­re sotto forma di acqua, ne provoca il borbottamento finché non è stato completa­mente eliminato. In questi casi bisogna resistere alla tentazione di riportare il co­mando dell'aria in posizione fredda finché il motore non torna a funzionare regolar­mente, perché altrimenti si tornerebbe a riempire di ghiaccio il carburatore e si rischierebbe l'arresto del motore.
3. Decollo. In decollo l'aria calda non va mai usata (ne è previsto l'uso nei climi artici, che però fortunatame­te non ci riguardano). L'uso dell'aria calda quando il mo­tore eroga la potenza di de­collo, o comunque una po­tenza elevata, potrebbe pro­vocare la detonazione nei ci­lindri. Inoltre, con la farfalla completamente aperta, le probabilità di fare ghiaccio sono minime.
4. Riattaccata e touch­and‑go. Quando si deve dare piena potenza dopo una pla­nata con l'aria calda tirata, onde evitare che il carbura­tore tardi a rispondere, e quindi che il motore manchi l'erogazione della potenza, è consigliabile dare prima la manetta e subito dopo portare l'aria in posizione fred­da. La manetta deve però es­sere sempre portata avanti gradualmente, anche se in modo deciso. Naturalmente non bisogna dimenticare di portare il comando dell'aria in posizione fredda, perché altrimenti il motore potreb­be subire dei danni da deto­nazione e potrebbe mancare la potenza necessaria per portare felicemente a termi­ne la riattaccata.
5. Rullaggio. Durante le operazioni al suolo, il co­mando dell'aria al carbura­tore deve sempre rimanere in posizione fredda: in tal modo l'aria, prima di giunge­re al motore, è costretta a passare attraverso l'apposi­to filtro che ne trattiene le impurità, una delle cause principali dell'usura delle parti interne dei motori. Quando il comando è in po­sizione calda (vedere la figu­ra 3),

l'aria giunge invece al motore senza passare per il filtro e porta con sé tutte le eventuali impurità, la cui quantità è sempre maggiore al suolo che non in quota.
Ciò ovviamente non impli­ca che non si debba fare la prova dell'aria calda al car­buratore prima di andare in volo, anzi! Se durante la pro­va motore alla posizione di attesa, non si nota il tradi­zionale calo di giri nel mo­mento in cui si tira il coman­do dell'aria calda al carbura­tore, si deve tornare al par­cheggio e consegnare l'ae­reo agli addetti alla manu­tenzione. Dopo ogni atter­raggio, una volta liberata la pista, si devono eseguire i controlli post‑atterraggio, fra i quali, se il motore è a carburatore, è sempre previ­sto di portare il comando dell'aria in posizione fredda.

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