martedì 15 luglio 2008

Elementi di navigazione aerea


ELEMENTI DI NAVIGAZIONE AEREA

DOVE
MI
TROVO?


ALDO SIRTORI

Solo a bordo, si sentiva finalmente un aviatore, un pilota, un uomo capace di convincere una macchina alata ad obbedire alla sua volontà. Solo a bordo, poteva ora rievocare serenamente le pesanti ore a doppio comando, accanto all'istruttore paziente ma severo, pronto a correggere i suoi errori e talora ‑ con suo marcio dispetto ‑ a prevenirli. Poteva ora ricordare con distacco la sensazione di impotenza provata nelle prime lezioni, quando tentava di azionare i comandi di cui non conosceva ancora l'effetto, il faticoso progresso e poi, finalmente, la luce improvvisa che aveva fugato le sue incertezze e gli aveva dato coscienza delle sue acquisite capacità. Gustava pienamente la sua solitudine, non temperata ma gradevolmente accentuata dalle voci che gli giungevano in cuffia dalla torre controllo e dagli altri aerei in volo. « Fa ciò che vuoi » ‑ gli aveva detto l'istruttore ‑ « Un giro largo intorno ‑ al campo, poi l'atterraggio ». E lui si sentiva padrone dell'universo: il velivolo era docile, ai suoi ordini, le evoluzioni ben controllate. II cielo terso e luminoso gli ispirava un'euforia ‑ mai provata prima dì allora, un senso di libertà e di bellezza che, ne era convinto, solo un pilota poteva avere il privilegio di provare. Guardava il paesaggio sottostante con interesse, ma con la mente distratta da gioiose fantasie.

Quanto tempo era rimasto in volo? Non lo ricordava esattamente: forse dieci, forse quindici minuti. Ora doveva rientrare. Chiamò la torre. La risposta gli venne subito, sotto forma di precisa richiesta: « Diteci vostra posizione e quota ». Si guardò intorno per rispondere. Dove esattamente si trovava?

Mentre esaminava il paesaggio, sentiva l'euforia trasformarsi gradualmente in vaga inquietudine. Dove si trovava l'aeroporto? Quale direzione doveva seguire per ritornarvi? II paesaggio gli sembrava ora ignoto ed ostile, privo della minima indicazione. Inutile effettuare giri sulla zona, non riusciva più a distinguere la familiare striscia chiara della pista di volo, la torre, il gruppo di edifici su cui era solito iniziare la virata per portarsi sottovento. L'inquietudine tendeva a diventare ansia, e l'ansia panico: come trovare la via dei ritorno?

Lasciamo per qualche istante il nostro pilota novellino (e imprevidente) e domandiamoci: chi di noi non si è mai trovato in una situazione analoga a quella descritta, sia pure per pochi istanti? Chi non ha, in quegli istanti, compreso quanto sia importante, per un pilota responsabile, conoscere sempre il punto della superficie terrestre che sta sorvolando? E chi non ha sorriso con tollerante indulgenza mista a compatimento, ricordando poi ‑ a distanza di tempo ‑ quei momenti, ormai ben conscio della semplicità dei metodi esistenti per evitare situazioni del genere?

Si trattava, in sostanza, di risolvere un piccolo problema di navigazione aerea, ossia di una tecnica che può essere definita in poche parole: sapere in ogni istante dove ci si trova, per dirigere il velivolo con sicurezza verso la meta del volo.

E' una tecnica priva di reali difficoltà concettuali, facilitata da numerosi strumenti, metodi e criteri, tutti studiati per far sì che il pilota, durante il volo, possa ragionare ed agire nel modo più semplice ed istintivo.

Per impadronirsi di questa tecnica, non occorrono intensi sforzi cerebrali né un profondo substrato culturale nel campo della matematica o della fisica; basta l'interesse, la volontà ed un minimo di impegno mentale. Per applicarla in volo, non vi sono difficoltà diverse da quelle che inevitabilmente accompagnano il maturarsi di un'esperienza, qualunque sia il settore d'attività considerato. Ciò che occorre è solo quella calma interiore e quella chiarezza di idee che nascono dalla esatta comprensione del fenomeno di cui si è protagonisti: la vittoria sulla forza di gravità attraverso il dominio di una macchina volante che possiamo manovrare a piacimento. E' una tecnica che richiede, in ogni caso, quella qualità banale, ma preziosissima, che è il buonsenso. Una dote, questa, assolutamente indispensabile, ma che manifesta una singolare tendenza ad abbandonare, misteriosamente ed inavvertitamente, l'uomo seduto ai comandi di un aeroplano, specie nelle prime fasi della sua esperienza di volo. Non è raro infatti che, nell'inconscia tensione del pilotaggio, si verifichi (come mi ammoniva un mio vecchio istruttore) che « due più due facciano cinque » e che quindi venga inibita la via che conduce alla decisione più razionale, che spesso è la più semplice.

Anche il nostro neo‑pilota, che abbiamo lasciato teso e ansioso, avrebbe potuto, applicando il buonsenso, evitare le conseguenze dì una perdita dell'orientamento: pur senza conoscere i « segreti della navigazione aerea, sarebbe stato per lui sufficiente un minimo di riflessione sulla situazione di volo prevista e sui mezzi disponibili per poterla padroneggiare.

Esaminiamo brevemente questi elementi.

Situazione prevista: necessità di mantenere l'orientamento durante un volo turistico su un paesaggio non noto, o almeno non noto a chi, avendolo osservato solo da terra, non è preparato alla metamorfosi dì aspetto e di caratteristiche che esso subisce quando lo si osserva dal cielo.

Mezzi disponibili: gli strumenti di bordo che non possono mancare su alcun velivolo, per quanto piccolo ed elementare esso sia: bussola, orologio, anemometro. Con essi è già possibile impostare e condurre una « navigazione aerea osservata ».

Supponiamo infatti di decollare per un volo turistico a bassa quota (per esempio 1.000 piedi) su una certa zona che non ci è ben nota: il programma del volo è di allontanarsi dall'aeroporto in una determinata direzione e poi rientrare, in un tempo totale di 30 minuti. Supponiamo inoltre che il cielo si presenti sereno e senza vento.

Subito dopo il decollo, appena fatto assumere al velivolo l'orientamento sulla direzione desiderata, registriamo: ora di inizio del volo, indicazione in gradi (« prua bussola ») fornita dalla bussola magnetica e velocità rispetto all'aria, espressa in nodi, fornita dall'anemometro. Con queste registrazioni, si è già obbedito ad un principio della navigazione aerea, per il quale le grandezze fondamentali che il navigante deve sempre conoscere sono tre: tempo, direzione e velocità di spostamento. Esse potranno fornirgli in ogni istante, nelle ipotesi fatte, la sua posizione rispetto all'aeroporto di partenza.

E' facile rendersi conto di ciò. Immaginiamo di poter tracciare sul terreno, visto dall'alto, come su una carta topografica (vedi figura), una linea continua formata da tutti i punti sorvolati dal velivolo, con inizio dall'aeroporto di partenza: essa è la « rotta » che il velivolo segue. E' evidente che questa linea, anzi questa semiretta (AB) forma un angolo avente il valore letto in bussola con la direzione del nord, ossia con il meridiano (AN) passante per il punto di partenza (A). Se il pilota governa l'aeroplano in modo che la bussola indichi costantemente lo stesso valore (NAB), è evidente che il velivolo si trova in ogni istante sulla verticale di un punto che appartiene alla rotta. Quale punto? Ce lo possono dire, con immediatezza, due dei parametri fonda­mentali prima registrati: velocità anemometrica (che, a bassa quota, ed in assenza di vento, si identifica con la velocità rispetto al suolo) e tempo di volo, ossia il numero di minuti trascorsi dal momento in cui ci siamo posti in rotta. Basta moltiplicare questi due fattori opportunamente, per ottenere subito il « cammino » percorso, ossia la distanza dal punto di partenza nell'istante considerato. Se la velocità, ad esempio, è di 120 nodi, ossia di 2 miglia nautiche al minuto, il velivolo avrà percorso 10 miglia nautiche in 5 minuti, 20 in 10 minuti, e così via.

Se il punto B della figura rappresenta il nostro punto di arrivo, possiamo programmare a terra ogni fase del volo. Basterà, su una carta della zona, tracciare la rotta congiungendo i punti di partenza e di arrivo, e misurare poi, in base alla scala della carta, la distanza AB che li separa. Dividendo tale distanza, espressa in miglia nautiche, per la prevista velocità di volo espressa in miglia nautiche al minuto, otterremo il numero di minuti che corrisponde alla durata del volo. L'« angolo di rotta » (Rv), misurato sulla carta mediante un goniometro, fornisce, in gradi, il valore che si dovrà leggere costantemente sulla bussola di bordo nel corso del volo. (Omettiamo qui di parlare della « declinazione », ossia della correzione da apportare all'am­piezza dell'angolo di rotta misurato sulla carta per ottenere l'angolo di rotta magnetica: in Italia la declinazione ha un piccolissimo valore, che poco influisce sui voli a breve distanza). Effettuando le operazioni descritte, avremo preparato già un elementare « piano di volo ».

Nel caso del nostro pilota principiante, non sarebbe stato ne­cessario alcun calcolo per fornirgli la risposta corretta da dare alla torre controllo, se avesse ricordato i parametri di cui abbiamo parlato. Con un tempo di volo di 12 minuti, su una rotta di 90°, a 120 nodi, avrebbe potuto, ad esempio, subito rispondere: « Mi trovo a circa 12 minuti dal campo (oppure: « a 24 miglia dal campo »), su una rotta di allontanamento di 900, a mille piedi. Autorizzatemi l'entrata in circuito fra 14 minuti circa » (2 minuti in più per la necessaria virata). Do­podiché, avrebbe potuto « invertire la rotta », ossia compiere: una virata di 180° a destra o a sinistra, e dirigere sicuramente verso l'aeroporto mantenendo in bussola il nuovo angolo di rotta.

Se poi non fosse stato così distratto dall'ebbrezza del volo, avrebbe anche potuto osservare alcuni dei più vistosi elementi caratteristici che non mancano mai nel terreno sorvolato: un laghetto, l'ansa di un fiume, un bosco, un nodo stradale o ferroviario, un edificio particolare per dimensioni o colore, ecc., annotando nella memoria la loro posizione sul cammino per­corso: il loro successivo riconoscimento nel corso del volo di ritorno avrebbe potuto fornirgli un controllo della direzione indicata dalla bussola ed anche della sua effettiva velocità rispetto al suolo. Avrebbe potuto anche controllare la reale assenza di vento, osservando il comportamento dell'eventuale fumo emesso da un comignolo o da un falò acceso nei campi.

Nessun problema, in definitiva, per chi sa mantenere intatte in volo le proprie capacità di ragionamento, e fa della costante applicazione del buon senso una norma che va sempre osservata.

Si potrà obiettare che i casi semplici che abbiamo ipotizzato ed esaminato non presentano difficoltà di sorta alla soluzione dei problemi di navigazione. In realtà non è così.

E' vero che si tratta del problema più elementare della navi­gazione aerea, la cui soluzione appare ovvia ed evidente, ma non bisogna sottovalutarne le difficoltà. Le quali non hanno tanto le loro radici nei fatti esterni, contingenti, quanto nel­l'intimo io dei pilota, nel suo comportamento, direi nel suo atteggiamento mentale durante il volo, ed anche a terra, in fase di preparazione di esso. Oltre alla freddezza, alla chiarezza di idee, al buon senso, è indispensabile che il pilota abbia fiducia negli strumenti e nei metodi di navigazione che impiega. Può essere che inizialmente si incontri una certa difficoltà nel passaggio dalla teoria alla pratica; può essere che si provi un istintivo bisogno di confermare con le sensazioni dirette le astratte indicazioni degli strumenti di bordo e dei calcoli fatti; può essere che non si riesca a comprendere pienamente, nei primi voli, l'importanza dell'accuratezza delle osservazioni e delle operazioni mentali da compiere. Contro queste piccole difficoltà, che tuttavia possono produrre effetti assai dannosi, non v'è che un rimedio: studiare e preparare diligentemente ogni volo, prima di salire sull'aereo, ed aver sempre presente, durante il volo, il perché di tutto ciò che si fa.
L'esperienza, con il ripetersi della soddisfazione del successo ottenuto, fugherà gradualmente ogni diffidenza e trasformerà il « pivello » in un pilota sicuro.

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