venerdì 5 settembre 2008

Religione per tutti



LA RIFORMA VENETA DELL’ISTRUZIONE La materia diventerà obbligatoria
Religione per tutti

Simonetta Zanetti Donazzan: «Strumento di integrazione». «Il cattolicesimo che si insegna sui banchi non è catechesi ma umanesimo». «Modificheremo il calendario scolastico con il tempo lungo Lasceremo il week end alle famiglie»

VENEZIA. «Quando sono diventata assessore non ho dormito per due mesi: io sapevo di caccia e di agricoltura. Ma quest’ultima era andata alla Lega e a me erano toccate istruzione e lavoro. Credevo di andare via di testa». A questo punto Elena Donazzan, assessore multidelega di An spalanca gli occhi e un po’ di quello smarrimento riesce ancora a trovare la strada. Facile credere che all’altezza di due anni fa fosse terrore puro: «Poi ho studiato. E qui abbiamo dei dirigenti bravissimi, che non si risparmiano: si parla troppo male dei dipendenti pubblici». Ora sta lavorando alla legge regionale sull’istruzione. E quando comincia a parlare non si ferma più. «Mi succede se sono preparata. Sennò sto zitta, perché le figuracce sono indelebili».Assessore, due anni fa ha anche detto di no a Fini.«Ero una giovane donna, credevo semplicemente di essere stata inserita per dare un po’ di “colore” alle liste, anche se ero piazzata bene. Ma io amo la mia terra, così, quando sono stata eletta ho deciso di restare, ripagando la fiducia di quei 13.651 elettori che avevano creduto in me. La fiducia è come il cristallo, se si rompe è da buttare, non si aggiusta più».Lui come l’ha presa?«In realtà è rimasto un po’ stupito. Insomma, bisogna essere delle mentecatte, non fare niente, per non essere riconfermate. Era una strada facile, ma io credo che la nostra regione abbia i titoli per fare da traino all’Italia. Di conseguenza credo sia giusto non depauperare il territorio delle sue intelligenze. Per questo ho apprezzato la scelta di Galan di rimanere. Il nostro è un ambiente sano, ma non cammina da solo spontaneamente, servono forti riferimenti nella cosa pubblica».Non le sembra che le polemiche tra la Lega e il governatore stiano agendo da freno?«A me interessa poco chi sarà il presidente dopo il 2010, anche se credo che Galan abbia un diritto di prelazione per quanto fatto in questi anni. Il Veneto dovrà essere guidato da un leader con una visione complessiva, non può essere una repubblica autarchica. Ecco perché ritengo la Lega troppo isolazionista e localista. Ricordiamo che l’Italia nasce nelle trincee del Veneto, che qui i dialetti hanno lasciato il posto all’italiano perché la gente potesse capirsi. Ora va tracciata una nuova “italianità”. Si comincia a scuola a conoscere il nostro patrimonio di valori: è il mio cognome che mi rende “una storia” e io mi comporto bene perché così facendo rispetto la mia storia, la mia famiglia. Lo stesso vale, in una scala più grande, all’interno della società».Lei sembra appartenere ad una società molto diversa da quella dei bulli e delle bravate su You tube.«Non è un’altra epoca, ma un altro modo di fare le cose. Siamo stati preda del nichilismo, della distruzione dei valori: il ’68 è stato una grave condanna per l’Italia, poiché ha insegnato la destrutturazione delle istituzioni. Qualche giorno fa guardavo i 5000 volontari di al meeting di Rimini e pensavo che quella maggioranza silenziosa finalmente ha alzato lo testa, si è ribellata. I valori tornano, come un fiume carsico. E allora ben vengano i grembiuli a scuola, il rigore: pensare che la stessa proposta la feci io sette anni fa, per sentirmi dare della fascista».Il ministro Gelmini ha bocciato la sua proposta di introdurre le “quote” di immigrati nelle classi. Voi avete un appuntamento in sospeso, cosa le dirà?«Credo che non volesse buttare troppa benzina sul fuoco. Quando ci vedremo, il 16, le dirò che abbiamo bisogno di competenze e le porrò un problema pratico: la necessità di mantenere l’eccellenza nella scuola primaria. Se vogliamo evitare che le scuole diventino dei ghetti, dobbiamo gestire la babele di lingue e culture che abbiamo di fronte. Insisterò sulla necessità di accogliere a scuola solo gli immigrati regolari e di inserirli nelle classi per fasce di età. Ancora, si potrebbero studiare delle classi di apprendimento in cui “testare” la preparazione degli studenti dando loro tempo per imparare l’italiano, prima di destinarli alla classe giusta. Bisogna essere più realisti e meno buonisti. I bambini stranieri sono frustrati quando non capiscono la lingua, si sentono emarginati: qualcuno reagisce piangendo, altri diventano arroganti».Come riuscirà a far rispettare le quote nelle scuole a maggioranza straniera?«Supportandole con maggiori servizi, ad esempio pulmini per accompagnare i bambini nelle scuole vicine, mantenendo l’equilibrio. Cosa succederebbe se di fronte a un sistema ormai ingovernabile gli insegnanti si rifiutassero di andare ad insegnare? O se i genitori si rifiutassero di parlare con una docente perché è donna? Non voglio che si creino i problemi delle banlieues francesi, con immigrati di terza generazione. Se poi illustri tecnici hanno risposte migliori me le diano. Non è secondario che nella legge regionale sull’istruzione cui sto lavorando sia previsto l’obbligo dello studio della religione cattolica, per tutti, italiani e stranieri».Non teme le polemiche?«La religione insegnata sui banchi non è basata sulla catechesi, ma sulla conoscenza dell’uomo. E’ l’approccio all’umanesimo di cui è intrisa la nostra esistenza: i nostri principi non sono un dettaglio e vengono da qui, mica da Marte».Cos’altro ci sarà nella nuova legge?«E’ un progetto educativo che si innerva nel dna veneto e si fonda su scuola, famiglia e formazione. Quindi partiremo con la riforma del calendario scolastico: nella nostra regione famiglie e imprese coincidono, per cui vanno rivisti i tempi e razionalizzati i costi. La famiglia deve avere del tempo per stare insieme. Quindi proporrò il tempo lungo dal lunedì al venerdì, lasciando il sabato e la domenica alla famiglia. E ancora, meno ore di materie che alla fine ti lasciano solo un’infarinatura, e più ore di studio vero, di approfondimento, nel pomeriggio. Tra le novità del progetto c’è anche il passaggio dell’Ufficio scolastico regionale da Roma al Veneto».Metterete mano anche alle materie?«Faremo leva su almeno un 20% di autonomia scolastica per introdurre materie ragionali, tra cui la cultura del lavoro: il lavoro deve essere un’opportunità di vita, non una grande illusione in cui tutti vogliono fare gli avvocati. Insegneremo anche storia della regione. Per questo abbiamo realizzato “Le radici del ricordo” una sorta di libro in un cofanetto di cartone che ricorda le valige dei migranti, con dentro le “pagine strappate”, ovvero quella parte di storia locale di cui non c’è traccia nei nostri libri, la storia dell’Istria e della Dalmazia italiane, le Foibe. Dentro ciascun cofanetto la bandiera dell’Italia e del Veneto. Perché se non sai chi sei, non sai nemmeno dove andare».Riuscirete ad approvarle prima della fine della legislatura?«Lo spero. Non dipende solo da me: la legge sul lavoro è ferma il consiglio regionale da un anno e mezzo».Tra le sue deleghe c’è anche la caccia. Quantomeno insolito.«So che all’inizio lo stesso Galan era scettico, aveva dei dubbi su di me. Ma quando mi diede l’incarico, mi disse che mi dava queste deleghe - che volevano in tanti - proprio perché non avevo interessi particolari e avrei fatto bene».Ma lei “pratica”?«Ho iniziato aderendo politicamente alla caccia perché subiva lo stesso pregiudizio ideologico di odio e accanimento della destra. Non sopporto la distorsione con cui viene affrontato il tema. I cacciatori sono i primi ambientalisti. Non ho mai visto un cacciatore uccidere e buttare via la preda. Credo anche che bisognerebbe rivedere il rapporto distorto tra la vita e la morte. Inoltre non sopporto l’aggressività di certa sinistra che ha materializzato la natura, quasi la vita di un animale valesse più di quella di un bambino. Ora caccio e ho anche una buona mira».Cosa le piacerebbe fare da grande?«Il presidente della Regione Veneto. E’ la cosa più bella che possa capitare a un politico».
(05 settembre 2008)

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